Il martedi di Pasqua a Santa Maria in Monte

 

Fra le varie tradizioni che nel tempo si sono perdute nel nostro territorio vi è la festa del martedi di Pasqua che si celebrava presso la vecchia abbazia di Santa Maria in Monte, un antico insediamento religioso del XII secolo, probabilmente di origine camaldolese. Il sito si trova nel territorio di Monte Castello di Vibio, nei pressi della strada che da Todi, passando per la frazione di Canonica (dove vi era un altro importante convento camaldolese, l’eremo di S. Arcangelo) conduce a Doglio. All’abbazia afferiva un vasta proprietà agricola che, ancora nel 1740, era valutata in 368 quartengate, ovvero, circa 110 ettari di terreno che venivano concessi in affitto o in enfiteusi.
Dell’antica struttura di Santa Maria in Monte rimane solamente la cappella (oggi non più visitabile all’interno) di cui si può ancora ammirare la facciata con il campanile a vela e l’abside. Fino alla metà del Novecento la piccola chiesa, da sempre oggetto di forte devozione popolare, veniva ancora regolarmente officiata e, almeno fino ai primi anni Ottanta, vi si celebravano anche dei matrimoni.
La festa annuale si teneva il martedi di Pasqua, una tradizione mantenutasi fino al Duemila. In tale occasione il luogo diveniva oggetto di pellegrinaggio delle processioni che partivano dalle chiese parrocchiali delle vicine frazioni di Canonica (il lunedì) e di Doglio e Quadro (il martedì).
La giornata di festa, con un ricco programma ricreativo e religioso, cominciava al mattino con l’arrivo delle processioni di Doglio e Quadro cui seguiva la messa all’interno della chiesa celebrata dai parroci locali Don Nello Bertoldi e Don Carlo Taddei. Il pranzo di solito avveniva all’aperto, con un pic nic nei campi circostanti, a base dell’immancabile torta di Pasqua con il capocollo.
Si riprendeva poi nel pomeriggio, nell’aia e negli spazi antistanti la casa colonica, grazie anche all’impegno della famiglia Spiganti (iniziato da Augusto e proseguito dal figlio Romolo e dalla nuora Clara Schiavoni) che abitava in loco e si occupava dell’accoglienza di tante persone che, dai paesi vicini, salivano a Santa Maria in Monte per trascorrere una giornata spensierata e ritrovarsi con gli amici.
Nelle bancarelle dei venditori ambulanti si poteva trovare vino a volontà, panini con salsicce, l’ottima porchetta di Luigi Fratini, le noccioline (tostate proprio da Romolo), dolciumi, giocattoli per bambini, ecc. E poi, fino a sera, secondo tradizione, si giocava a “morra”, un gioco antico, conosciuto già in epoca romana che, da queste parti, è sempre stato praticato tanto che, per il suo abuso, nel 1849, il parroco di Doglio, Don Filippo Lipparoni, se ne lamentava con il Vescovo di Todi. E mentre gli adulti erano presi nel loro gioco preferito, fra i ragazzi di Doglio e Quadro, intanto, cominciava una partita a pallone nel campo (improvvisato) poco lontano dalla chiesa, dove a metà pomeriggio, riprendevano le funzioni religiose. Altri tempi…
Oggi tale tradizione si è perduta sia a causa dello spopolamento delle campagne che a causa del progressivo ed inesorabile degrado dei luoghi ormai quasi abbandonati a se stessi.