“RICORDO DI GIORGIO ALMIRANTE, politico di razza e maestro di carattere” di Graziano Barberini

 

Il 22 maggio di trenta anni fa moriva Giorgio Almirante.

 

Aveva 74 anni ed aveva attraversato la storia d’ Italia dagli anni trenta ( era nato nel 1914) fino agli ultimi anni ‘80, suscitando fervidi entusiasmi e feroci opposizioni  ma guadagnadosi comunque la stima e la considerazione anche di chi non la pensava come lui. Fu Indro Montanelli , pur ricordando le diversità di opinioni, a scrivere che Almirante era l’unico politico italiano a cui si poteva stringere la mano senza aver paura di sporcarsela.

Come tanti altri ex giovani che hanno militato nella destra politica negli anni ‘80, non sono stato “almirantiano”, anzi….ma oggi riconosco in Almirante un grande maestro di carattere e un esempio di coerenza in un paese di voltagabbana . Sempre a fronte alta e con la schiena dritta, pur vivendo con passione il presente e sognando il futuro Almirante non rinnegò nulla del passato, se non le giovanili simpatie razziste su cui fece pubblica e coraggiosa autocritica.

Non voglio però ricordare il politico, con i suoi tanti meriti e le sue indubbie intuizioni e pure con i suoi errori , tra cui il piu’ grave fu certamente quello di avere “imposto” Fini come suo successore.

Voglio invece ricordare l’uomo, che portava nella politica una travolgente passione civile verso l’”adorabile” Italia di mussoliniana memoria ,all’insegna di uno stile garbato che mai ostentava la profondità e lo spessore di una cultura di assoluto rilievo, nutrita dai classici e da Dante ma aperta anche alla filosofia del novecento .

“Quando da piccolo mi vedevo grande e, perdonatemi, importante” -scriverà Almirante nel ‘73-” non correvo con la fantasia verso l’on., ma verso il prof., e anche ora mi fa felice qualche vecchio alunno che mi incontra e mi chiama professore”.La sua “ars oratoria” , oggi che abbiamo politici semianalfabeti a proprio agio solo con le faccine sceme di facebook , appare esemplare  per l’ eleganza della esposizione e per la nitidezza della lingua .

Del resto senza queste doti  Almirante , grande protagonista nell’ostruzionismo parlamentare contro lo statuto speciale della regione Friuli-V.Giulia,non avrebbe potuto parlare ininterrottamente per ben otto ore senza leggere, senza uscire dal tema e senza un minuto di riposo, eccezion fatta per due caffè  serviti in aula su speciale autorizzazione della Presidenza.

“Ricorderò sempre”- scrive Almirante- “un comizio a Domodossola nel 1951. Mi ero facilmente reso conto che non erano davvero miei sostenitori coloro che affollavano la piazza…Sono proprio io, dissi, il tenente delle Brigate Nere Giorgio Almirante; molti tra voi mi conoscono. Si fece un silenzio di piombo, parlai di una vicenda che era mia e loro, perche’ si trattava della comune vicenda nazionale, di pace e di guerra e di guerra civile…Mi ascoltarono in silenzio, non vi fu ombra di applausi e non vi furono fischi e quando mi affacciai alla porta me li vidi venire incontro e dubitai della possibilità di uscirne senza guai; subito mi prese per un braccio uno di loro e mi disse a voce alta: bene, io sono socialista e sono stato partigiano, ma mi sei piaciuto perchè hai parlato chiaro e non hai offeso nessuno. Vieni a bere un bicchiere con noi. Andai a bere un bicchiere con loro. Qualche giorno dopo Domodossola eleggeva un consigliere provinciale del MSi. Era un operaio delle officine di Villadossola”.

Questo era Giorgio Almirante, l’uomo che da solo, a piedi, va nel 1984 alle Botteghe Oscure a rendere omaggio alla salma di Enrico Berlinguer, si mette in fila disciplinatamente in mezzo a migliaia di comunisti che lo riconoscono e lo rispettano finche’ Giancarlo Pajetta, l’ex “ragazzo rosso” avversario di mille battaglie, lo prende sotto braccio e lo porta nella camera ardente. Uscendo, Almirante dira’ di essere venuto ad onorare un italiano perbene ed un avversario leale. Poi si saprà che Almirante e Berlinguer, fuori dall’ufficialità e dai riflettori, si vedevano spesso in privato e insieme provavano ad arginare la violenza che avvelenava il confronto politico, specialmente giovanile, in quei maledetti anni di piombo.

Ecco, forse non sarebbe male se qualche amministrazione locale, di destra, di sinistra o di altro non importa, decidesse di intitolare un parco o una piazza congiuntamente a Giorgio Almirante e ad Enrico Berlinguer.Ma questi probabilmente sono pensieri troppo complessi in tempi in cui i politici , che vorrebbero essere semplici , finiscono quasi sempre con l’esser solo sempliciotti.