Manfredo Retti e Francesco Tofanetti replicano al Vescovo di Orvieto-Todi. “Abbiamo pagato 65.000,00 euro con bonifici bancari ed effettuato lavori indispensabili al funzionamento del palazzo e attestati da perizia giurata di un tecnico per altri 65000 euro. Totale 130.000 euro….è stata questa la prima volta che la proprietà ha avuto un reddito dal Vignola, a parte i tre anni di Spada”, puntualizzano il presidente dell’Ass.Jacopone e il presidente dell’Ass.Marte

 

RIPORTIAMO INTEGRALMENTE IL DOCUMENTO INVIATOCI DAI PROFESSORI MANFREDO RETTI E FRANCESCO TOFANETTI IN MODO CHE IL LETTORE POSSA CONOSCERE INTEGRALMENTE LA LORO VERSIONE. ABBIAMO GIA’ OSPITATO IL DOCUMENTO DELLA CURIA; ANCH’ESSO IN MODO INTEGRALE.

TORNEREMO COMUNQUE SULL’ARGOMENTO IN FUTURO   – Stravos

 

Il documento diffuso dal Seminario il 17 agosto si presterebbe a molte altre considerazioni. ci limitiamo ad alcune puntualizzazioni. In breve:

  • Affitto Vignola: abbiamo pagato a titolo d’affitto tra pagamentie lavori 130.000 euro (vedi capo 1)
  • Radio Aut: pagato affitto per quasi trenta anni.
  • Cinema Jacopone: lo abbiamo tenuto dal 1984 e pagato fino al 2002. Allora volevamo lasciare ma, su richiesta del vescovo Grandoni, il quale disse che rinunciava all’affitto, abbiamo continuato pagando spesso di tasca nostra. Grazie a Grandoni e a Scanavino il cinema ha continuato a vivere a Todi.

In tutto questo tempo non ci è mai pervenuta, né per iscritto né verbalmente, alcuna richiesta di pagamenti o alcuna messa in mora per nessuna delle strutture.

Ed ora, in modo articolato, tutte le puntualizzazioni

Palazzo del Vignola

  • Pagamento delle locazioni: dal 1 gennaio 2011 al 31 dicembre 2016 abbiamo pagato 65000 euro con bonifici bancari ed effettuato lavori indispensabili al funzionamento del palazzo e attestati da perizia giurata di un tecnico per altri 65000 euro. Totale 130.000 euro. Tutti i lavori fatti erano indispensabili per l’uso del palazzo, tanto è vero che per i primi quattro mesi, utilizzati per i lavori, fummo verbalmente esonerati dal pagamento del canone di locazione. I pagamenti iniziarono nel maggio 2011 e nessuno fino a poco tempo fa ha contestato questa circostanza. Ora ci è stato detto che la persona che aveva autorizzato non aveva titolo a farlo. La realtà è che all’inizio esisteva un pieno rapporto di collaborazione fra proprietà e affittuari nel comune interesse di far vivere il Palazzo e di contribuire alla vita tuderte. Tale collaborazione valeva anche per il cinema e per la Radio ed è venuta meno con il cambiamento delle persone addette. Torniamo a ribadire che è stata questa la prima volta che la proprietà ha avuto un reddito dal Vignola, a parte i tre anni di Spada.

 

  • -Si obietta che nel contratto, il conduttore dichiarava il Palazzo in buone condizioni e che “completamenti, arredi o rifiniture”  erano a carico del conduttore, rimanendo al locatore  solo le spese di manutenzione straordinaria.  Certo: ma un conto  è  una ispezione a palazzo  vuoto e fermo, un altro è l’esperienza con l’uso, dove appare, da subito,  la necessità di interventi all’inizio imprevedibili,  spesso  talmente imponenti ( altro che rifiniture e arredi!) da superare il livello della  manutenzione ordinaria.  Bene: sono stati eseguiti a spese del conduttore, senza coinvolgere il locatore, il quale oggi ha trovato il palazzo in perfette condizione e ha potuto subito affittare l’immobile in agosto senza effettuare il benché minimo intervento. In aggiunta abbiamo realizzato la sala multimediale con cabina di proiezione a norma, schermo e impianti video e acustici. Abbiamo realizzato anche la sala concerti, molto utilizzata, con un pianoforte da concerto da noi acquistato privatamente e che, ovviamente, e tornato di nostra proprietà ma a disposizione dei concerti della città.

 

  • -Sembra di capire che i lavori debbano essere giudicati non necessari perché il Palazzo  è rimasto poco utilizzato. Cosa intende, dunque, la Curia, per “molto utilizzato”? Riempito  nei suoi quattro piani, per tutto l’anno?  Allora, dovrebbe dirci quando mai  questo è avvenuto:  negli  anni d’oro della Mostra, quando accoglieva solo quella?  Nelle gestioni successive  al ’92,   uno o due anni e via?  Nella sua propria, dal 2004 al 2007, dove ha prodotto due  iniziative soltanto? O  magari  nella nostra, con sei anni ed oltre cinquanta eventi?
  • Ci viene rimproverato, con severità, di non aver compiuto il nostro dovere di onesti cittadini non pagando la Tari. Hanno ragione, non abbiamo pagato la Tari. Questo è avvenuto solo perché il Palazzo del Vignola non ha mai pagato la Tari dal 1993 ad oggi. E noi in buon fede pensavamo che ci fosse una sorta di esonero. Non ci sono pervenute cartelle né consegnati pregressi. Quindi se noi affronteremo il problema, per noi gravosissimo, della Tari sarebbe bello che la proprietà, per motivi etici, provvedesse anche lei al pagamento di tutti gli anni, dal 93 al 2010, di sua competenza, visto anche che il Palazzo è stato ristrutturato nel quadro della legge speciale per Todi e con danaro pubblico per circa 6 miliardi di lire (circa 3 milioni di euro).
  • Iniziative irrilevanti? Qui,  purtroppo è in gioco l’ignoranza, che per cortesia riassumiamo nel significato letterale di “disinformazione”. Ma, se si è disinformati, si tace! O ci si informa su chi  siano  Canino,  Rose,  Kounellis,  Zingaretti, Cordio, Bertolucci, Silvestri,  Della Loggia,  ci si fa  istruire da qualcuno su cosa sia il Festival dei Diritti e la Gioventù Musicale, associazione concertistica nota in tutto il mondo, e forse, allora, si capirà   che il peso di tali  eventi e presenze non va calcolato sul numero delle sale coinvolte, ma sul valore che esprimono e  conferiscono all’ edificio ospitante.
  • Liquidati poi come “minori” i saggi scolastici, per esempio della Scuola di Musica? Ma offrire ad una istituzione cittadina una sala da concerti per i saggi dei suoi allievi, e a titolo gratuito,  non è forse un’operazione sociale, il cui significato non dovrebbe sfuggire, soprattutto a chi  a sua volta si fa promotore di opere caritatevoli? E  non rientra forse nella cifra che sarebbe dovuta appartenere all’intero  Palazzo, se  avessero avuto luogo progetti altrove annunciati e promessi, di cui la Curia sa benissimo?  Ovviamente con risorse pubbliche: quelle dei gestori non bastano. E se nessun introito ne è derivato  al  locatore, a loro ancora di meno: anzi ci hanno speso sopra.
  • Piazzale parcheggio: è vero!| abbiamo permesso ad alcune persone, per vari motivi, di parcheggiare, ma non abbiamo richiesto compensi perché sapevamo e avvertivamo che l’autorizzazione era temporanea e collegata agli eventi del Palazzo e quindi spesso sospesa in occasioni di eventi e manifestazioni. Abbiamo chiesto solo 5 euro al mese con i quali provvedevamo a fare le pulizie del cortile che mai prima di noi e stato così curato, tenuto in ordine e ornato. Forse la proprietà ha pensato che noi avessimo ricavato chissà quali cifre, come avviene oggi per il cosiddetto ‘Orto del vescovo’, un tempo aperto come centro per giochi e attività giovanili e oggi trasformato in parcheggio al costo per ciascuna auto, si dice, di 600 euro annui!
  • Ci sono anche i gatti. Vero. C’è una colonia felina riconosciuta a termine di legge, di sei gatti ex randagi. Noi amiamo molto gli animali, come San Francesco. Gatti, cani e altri animali, come dice il poeta, ‘ so’ creature de Ddio, come che noi, sola diversità che so’ più ciuchi (G.G.Belli) Non hanno creato problemi sanitari perché sono stati accuditi da persone molto consapevoli e molto motivate. E nel palazzo non abbiamo mai visto un topo. In proposito c’è da dire che anche noi abbiamo trovato gatti quando siamo entrati nel Palazzo: all’interno, nelle sale, c’erano gatti morti e putrefatti, con attorno il liquame cadaverico. E allora il problema dell’igiene non esisteva? Meglio i nostri che sono vivi e vegeti, ben trattati e ben curati.
  • Il Bar. Abbiamo fatto il tentativo di tenere aperto il bar affidandolo a terzi in associazione in partecipazione (non in locazione). Volevamo dar vita al palazzo. Non pensavamo a guadagni che sapevamo impossibili. Abbiamo constatato che era impossibile.
  • Le antenne: da anni nel palazzo c’è una antenna di Aria con contratto stipulato dalla proprietà che percepiva un canone di affitto che ci fu detto essere di 5000 euro all’anno e che è stato percepito dalla Curia. La cosa non ci riguardava se non per il fatto che ci siamo sempre resi disponibili all’apertura e chiusura del Vignola e ad avvertire in caso di mancanza di energia elettrica. Tre anni or sono abbiamo noi autorizzato l’istallazione di altra antenna al prezzo di 1500 euro l’anno, comprensivo dei costi di energia elettrica che restava a nostro carico. Un guadagno netto quindi di 6-700 euro all’anno. Lo scorso anno fu istallata un’altra antenna. Alle stesse condizioni. Il nostro legale, quando è iniziata la procedura di restituzione, ci ha avvertito che essendo le antenne sul tetto, non avevamo il diritto di autorizzare tale istallazione. Abbiamo sbagliato. Abbiamo telefonato a Orvieto all’economo, ci siamo scusati e dato la disponibilità a rifondere la proprietà. Riconosciamo l’errore, non la malafede.

 

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Cinema Iacopone

 

  • Si contesta che ambedue i contratti sottoscritti dai vescovi Grandoni e Scanavino  fissano una quota d’affitto  annuale e che, qualora il Seminario avesse voluto fare una concessione gratuita, avrebbe fatto un comodato gratuito. Ma, a parte il fatto  che Mons. Grandoni parlò di “sconto affitto” solo nel periodo ’83-90, mentre per il successivo lo sospese e basta ( e a tempo indeterminato) nel 2002 noi volevamo restituire il cinema perché chiaramente deficitario ma il Vescovo ci chiese di continuare rinunciando alla locazione. Cosa che si è ripetuta dopo il pensionamento di Grandoni. Si noti che nessuno ha mai richiesto né verbalmente, né per iscritto, come avviene normalmente, i pagamenti. Per quanto riguarda il fatto che in quel tempo non fu fatto un contratto di comodato, è vero: si poteva fare. E’ una  inadempienza  sia nostra sia dei due   vescovi sopracitati, che hanno avuto tutto il tempo (tra l’altro  i più interessati, in quanto proprietari) per intervenire.  Invece  non l’hanno fatto, né hanno mai chiesto nulla. E noi abbiamo soprasseduto anche perché per noi la parola del Vescovo contava più di mille documenti formali. Abbiamo sbagliato perché siamo vecchi e abbiamo pensato che la parola contasse più di un pezzo di carta.  Vogliamo frustarci tutti, compreso il defunto? Ovvero si mette in dubbio che così sia avvenuto e  si ipotizza che noi siamo dei bugiardi? 
  • Si dice che un comodato gratuito sarebbe stato offerto alla direzione del Cinema, ma che questa avrebbe chiesto in aggiunta e in modo informale anche la ex sede di Radio Aut: ciò peraltro aveva un senso,   essendosi questa trovata ad ospitare gli uffici direzionali del cinema. E’ vero. Ci è stato chiesto addirittura di preparare noi uno schema di contratto di comodato, che abbiamo inviato. Ma è evidente che era solo una proposta, non una condizione irrinunciabile: sarebbe come dire che non potendo avere cento si preferiva rinunciare a tutto invece di prendere 80! Se si fosse risposto formalmente  alla mail inviata con una mail di rifiuto, si  sarebbe optato per il solo Cinema. E’ mai possibile pensare che chi vuole restare rifiuti un  comodato gratuito? Perché non è stato detto, più tranquillamente e in modo più veritiero, che c’era stato un ripensamento da parte della proprietà?
  • -Si afferma che i lavori eseguiti nel tempo, ritenuti di manutenzione ordinaria, sarebbero stati sempre  “gli stessi”.   Se così fosse,  il locale si presenterebbe oggi come lo trovammo nell’83:  una cosa tipo ospedale, con mattonelle bianche, lampade a palla ( da corsia), sedie di legno scricchiolanti, cessi come buglioli…e sarebbe privo della scala di sicurezza in muratura realizzata sul vicolo dei magazzini, con un costo molto rilevante. Lungi, invece,  dall’”essere gli stessi” ( stesso sarà, semmai il concetto, non le operazioni che ne derivano),  i lavori di aggiornamento e adeguamento  hanno comportato  altrettante ristrutturazioni, spesso di carattere straordinario, in cui è stato rifatto quasi tutto,  e ciò che c’era  prima ha dovuto essere  dismesso: però dopo essere stato comperato e pagato.
  • Il locale era a norma? I Lavori operosissimi effettuati nel 2013 sono stati seguiti e progettati da uno studio tecnico specializzato che ha deciso tutto quello che andava fatto e che noi abbiamo fatto eseguire e cioè: l’impianto elettrico totalmente nuovo, gli impianti di sicurezza totalmente nuovo (hanno idea i proprietari del costo di quelle operazioni?); poi i lavori di abbellimento: nuovo ingresso, nuova moquette, nuove tende, bagni interamente rifatti, nuovi arredi, nuove tende. Tutti i lavori sono certificati. Il costo del solo impianto elettrico e di sicurezza avrebbe ampiamente coperto cinque anni di affitto. La sala è stata aperta sulla base della documentazione e della scia presentata ai vigili del fuoco. Non abbiamo richiesto la visita della commissione di vigilanza comunale in attesa di definire i titoli in attesa del perfezionamento tramite esame dei patentini per la sicurezza anche se il personale e i gestori personalmente hanno frequentato i corsi appositi dei vigili del fuoco e hanno avuto il relativo attestata di frequenza ai corsi. Se qualcuno dell’amministrazione comunale pensava che la sala non fosse a norma, perché non ha fatto contestazioni o minacciato la chiusura della sala? Si tratta di omissione di atti d’ufficio? Oggi noi consegniamo una sala con tutti gli impianti in regola e a norma e con tutti gli arredi che la rendono gradevole (anche se qualcuno della proprietà li ha definiti modesti!) ad eccezione di quanto previsto dal contratto firmato da ambedue le parti.  
  • Si pretende che i due periodi di sospensione dell’affitto  ( ’83-‘90 e 2002-oggi)  siano serviti  a compensare le spese, per cui  l’Ente Proprietario le avrebbe “indirettamente pagate” e, addirittura,  gli apparterrebbe tutto quanto  è rimasto nel locale,  tanto dal  giudicare un sopruso  il portarselo via.  Qui è non è problema di disinformazione, qui ci si arriva da soli.  Se facessimo il conto di quello che è stato speso per adeguamenti elettrici e di sicurezza,  o sostituzioni impianti (solo nel 1998 oltre 100.000.000 di vecchie lire) e realizzazione delle scale di sicurezza, ricaveremmo cifre che ci consentirebbero di asserire che l’affitto è pagato per i prossimi 30 anni.!! E accanto a spese per attrezzeria, impianti, noleggio film personale,  non esiste dunque anche il lavoro dei gestori? Viaggi a Roma a scadenza mensile, rapporti con le case distributrici,   telefonate,   giornate intere  a stendere e rifare la programmazione, responsabilità di conduzione: tutto   questo non conta?  Risulta a qualcuno che  Retti e Tofanetti abbiano  mai chiesto  per sé  una lira o un euro, rispetto al servizio che facevano? O qualcuno crede  che guadagnassero  dagli incassi? Ma non sa,  costui, che gli incassi di monosala ( e del cinema quasi in generale) hanno cessato di essere guadagno da almeno quarant’anni  e servono a malapena per il mantenimento?   E’ così  difficile  capire che se Retti e Tofanetti, invece di effettuare versamenti mensili a proprio carico avessero preteso di guadagnarci, il Cinema avrebbe sbaraccato da tempo, come è avvenuto per tutte le monosale dei centri storici dell’Umbria?   E che, dunque, se si sostiene che  la sospensione dell’affitto ha pagato indirettamente le spese, si deve ugualmente ammettere che molto di  più lo ha fatto il loro volontariato?  
  • Si può aggiungere che dall’acquisto del digitale, coincidente con l’ultima generale ristrutturazione, Retti e Tofanetti,  lasciatisi alle spalle il più comodo  “non guadagnarci niente”, si sono dedicati a un meno comodo pagarsi in proprio la  nuova macchina con rate mensili e continueranno a farlo anche senza più Cinema?  E non dovrebbero nemmeno portarsela via, compreso tutto il resto?    

                                                               

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Radio Aut

Abbiamo preso agli inizi degli anni ’80 uno scantinato maleodorante con rifiuti vari e resti di oli combustibili. Lo abbiamo trasformato, a nostre spese, in una dignitosa sede della Radio di Todi con pavimentazione, moquette, muri divisori,  spazi per attrezzature e  portone antifurto. La Radio è vissuta fino al 2010. Per trenta anni abbiamo sempre pagato l’affitto, fino al 2012. Dal 2012, chiusa la radio, abbiamo sospeso i pagamenti in attesa che si definisse la situazione. Negli ultimi cinque anni non ci è pervenuta alcuna forma di messa in mora e di restituzione. Stavamo attendendo una definizione complessiva. Se qualcuno ci avesse chiesto il pagamento o la restituzione del vani non avremmo esitato a restituirla, come abbiamo ribadito in occasione di visite della proprietà con i carabinieri quando qualcuno pensava di creare una caserma in quelle strutture. La realtà è che per molto tempo la proprietà ha atteso che si definisse il rapporto con i carabinieri con un progetto che a nessuno piaceva se non al sindaco di allora e naturalmente alla proprietà.

In conclusione:  

Del Palazzo abbiamo scritto nel dossier che   è “inavvicinabile  in mancanza di risorse pubbliche”, come hanno dimostrato le precedenti gestioni. Inavvicinabile avrebbe  dovuto esserlo anche per noi,  se  non si fosse riposta fiducia in  altrui impegni, poi non mantenuti.   Commesso l’errore iniziale, da cui altri ne sono fatalmente derivati,  noi rivendichiamo, comunque,  una gestione continuativa di sei anni e non permettiamo che, per sminuirla o evidenziare insolvenze, non lo si riconosca.  E soprattutto non permettiamo una cosa: che gli interventi eseguiti  all’insaputa del locatore ( ma a spese del conduttore) siano letti come frutto di arbitrio, o giudicati voluttuari o, peggio, lesivi, mentre erano semplicemente necessari e  di tale importanza che,  in loro assenza  il Palazzo rimaneva  inservibile e non sarebbe   potuto mai funzionare,  né con noi, né con altri. Veda un po’ il locatore, che oggi ne è torna in possesso e ha potuto usarlo, senza alcun intervento, neppure di pulizia, per la terza edizione del TIMM  ( e per altre che verranno) se vale più questo o il cruccio di presunte rate non pagate!

Per il cinema, ci basta commentare quanto afferma la Diocesi, che si dice “consapevole dell’impoverimento che la chiusura… può provocare nella vita della città, anche se si considerano i numeri estremamente esigui dei fruitori del cinema Jacopone, ed è per questo che rinnova la sua disponibilità a concedere gratuitamente i locali del cinema a chi intendesse proseguire l’attività.”   

No, illustre Diocesi, la situazione è molto più grave di come vi appare, ancora una volta per disinformazione. I pochi fruitori erano:      

-ingressi  tra i tredicimila e quindicimila all’anno,  riferiti a  nove mesi di attività, dato che l’estate non può esservi compresa

  • “matinées” per studenti (a ingresso con cifra dimezzata) e, dunque, servizio, nonché collaborazione culturale
  • rassegne gratuite di cartoni animati per bambini e famiglie
  • rassegne di film d’autore, e stagioni di
  • collegamenti con teatri lirici, come Scala, Metropolitan, Covent Garden, per visioni di opere o balletti in diretta
  • recite teatrali e addirittura festival, malgrado la modestia del palco e degli arredi
  • accoglienza, a titolo gratuito ( tranne rimborso spese per il personale) delle recite natalizie prodotte da  elementari o asili,  a cadenza annuale e non solo.
  • accoglienza ad ingresso ridotto (praticata per alcuni anni) delle ospiti di Palazzo Francisci-Nido delle Rondini.

Tutto questo erano i pochi fruitori, ora   interrotto in modo probabilmente irreversibile.  Ma ci si dice che si tenterà di rimediare offrendo i locali gratuitamente per una ripresa dell’attività.  Ah sì?   noi ci si caccerebbe  in  quanto affittuari insolventi ( e ci è stato raccontato quale  danno ne è  venuto per mancanza di introiti etc..etc..etc…), poi si continuerebbe con il gratuito?  Solo perché i gestori sarebbero altri e non più noi?  

E visto che è stato scritto che la Diocesi, in mancanza di questi affitti non poteva provvedere ad ‘opere di misericordia’ se la sala verrò data gratuitamente, che fine faranno le opere di misericordia?

Abbiamo la coscienza tranquilla. In questi trentacinque anni, con varie iniziative culturali, e con Radio, Cinema e Vignola, abbiamo reso un servizio alla città. Non abbiamo mai intascato una lira né un euro, anzi, molto spesso, abbiamo pagato di tasca nostra. E continueremo a pagare, con la nostra pensione, i debiti del cinema.

N.B.

  • Come abbiamo fatto con il nostro dossier presentato il 20 luglio, non facciamo nomi né attacchiamo persone. Non è questo il nostro obiettivo. Vogliamo solo ribadire il nostro ruolo e la bontà del nostro lavoro, con il massimo rispetto per la Chiesa e per ciò che rappresenta per noi e per la comunità tutta.
  • Quando mai avevamo  chiesto  “di addivenire ad una dichiarazione congiunta al termine delle transazioni stesse”?    Era  stata ipotizzata, e non da noi e molto vagamente, nella fase iniziale, quando si poteva sperare in una conclusione condivisa. Poi non più.   Piuttosto  è la Curia ad aver  giocato con le date,  prima annunciando, poi  rinunciando, poi zitta per un mese,  fino a giustificare il ritardo di due mesi ( 14 giugno-17 agosto) come dovuto  all’attesa della cosiddetta “congiunta”.  Dimenticando che del mancato accordo ne aveva dato la prova essa stessa, quando il vescovo disse  che avrebbe parlato ( lui e non altri) “dopo il 25”, per  correggere notizie “pretestuose, infondate o almeno parziali”.  Si era al 14 giugno. Perché poi  non lo fece?  Lui disse  “per rispetto del delicato momento”, alludendo al ballottaggio, che peraltro non c’entra nulla con una questione del genere.  E allora perché mantenere il silenzio  anche dopo il 25, quando il “delicato momento” era passato?   Se non si era concordato su una “dichiarazione congiunta”,  era evidente che ognuno ne avrebbe fatto di separate,  come risultò chiarissimo ( e fu anche detto) il 27 giugno al Vescovado di Orvieto, sede dell’ ultimo incontro non esattamente cordiale.   Del resto,  noi  siamo stati invitati, o avvertiti, quando in tempi non ancora sospetti e a nostra insaputa, qualcuno,  a nome della Curia e del Comune,  contattava il gestore del cinema di Marsciano per offrirgli quello di Todi?     
  • Ora andiamo a  “Città Viva”, inopportunamente citata  per tentare una tardiva   giustificazione  dei silenzi  tenuti sugli  articoli di  Federico Panzetta e  Giuseppe Maccaglia, tutti orientati sulla   all’accentramento, materiale e decisionale,  della Diocesi in  Chi vuole se li vada a rileggere: ben cinque,  per complessive undici pagine, a cui non si è data mai risposta. Liberissima la Curia di non darla, ma non di  instaurarne, oggi,  un nesso fittizio   con i mancati  introiti  del Vignola e dello Iacopone, che non c’entrano niente con le obiezioni di Panzetta-Maccaglia, mentre noi tutti ricordiamo benissimo  che il Vescovo Grandoni, pur senza tali introiti  (mai avuti dal  Vignola, come  è noto a tutti)  e senza fare alcun dirottamento di risorse,  mantenne una Diocesi economicamente fiorente, e  tale   l’ha lasciata ai successori.

Manfredo Retti per Associazione Jacopone

Francesco Tofanetti per Associazione Marte