60° Festival dei Due Mondi di Spoleto Una bellissima installazione dono della Fondazione Carla Fendi

 

Sicuramente un’edizione 2017 straordinaria, questa 60.a, del Festival dei Due Mondi che per dieciotto intense giornate (ma vi saranno anche dei “fuori programma”nei giorni seguenti) fa diSpoleto un luogo di incontro artistico e culturale di assoluto valore mondiale e di eccezionale richiamo. Quest’anno effettivamente gli spettacoli sono stati molto frequentati e il centro storico, ancora più che in precedenza, affollato di visitatori “di qualità”, interessati alle cose belle e visibilmente partecipi delle iniziative più coinvolgenti. A proposito, nessuno perda la interessantissima mostra, a Palazzo Comunale, sui “Disegni per il teatro” di Domenico Gnoli, che rende giustamente onore ad uno dei protagonisti del “Gruppo di Spoleto”, animatore delle arti figurative italiane negli anni ’50.

Ma quest’anno c’è una “perla” che l’indimenticabile mecenate Carla Fendi e la Fondazione a lei intestata hanno voluto regalare al Festival ideato e voluto da Gian Carlo Menotti ed oggi diretto da Giorgio Ferrara: la geniale installazione sotto Piazza del Duomo, partendo dall’affascinante Chiesa della Manna d’Oro e scendendo negli antri del Museo Civico, di SANDRO CHIA (“La Genesi”) e di Peter Greenaway e Saskia Boddeke (“Apocalisse”). Chi non l’abbia ancora visitata, cerchi di farlo. Noi l’abbiamo percorsa e “penetrata” – si cammina a piedi nudi nell’acqua che fa da base alle immagini e ai testi – con forte emozione.

Il senso dell’esistenza umana nella dialettica quotidiana della vita, spiega l’illustrazione, con l’origine delle cose, la loro fine e il continuo nuovo inizio. La “Genesi” di Chia, fluire di immagini semplici e solenni al tempo stesso, accompagnate dalla voce narrante di Graziano Sirci, crea un’atmosfera quasi di Cappella Sistina, o moderna o piuttosto fuori del tempo.

Poi scendi ad immergerti nell’”Apocalisse”, frutto dell’originalità creativa di Boddeke e Greenaway. Per il progetto e la regia di Quirino Conti, ecco apparirci i quattro Cavalieri: Conquista, Guerra, Fame, Morte. Suggestive iconografie di quanto ciascuno di essi induce nella vita delle genti ma anche di ciascuno di noi, con volti e dialoghi di attori fervidi e convincenti. Sarà l’ultima creatura, la Speranza, a rasserenare gli orizzonti drammatici e le luci più fosche.

I testi vogliono raccontare in modo poetico e metaforico gli aspetti oggi, in verità, molto visitati dalla pubblicistica: il diritto dei fanciulli di crescere in ambiente sano e sicuro, l’aspirazione all’istruzione e alla conoscenza, la libertà di parola, diritti universali come quello alla fede e alla pratica religiose, altri ancora. Ma lo fanno senza nulla concedere ai luoghi comuni stucchevoli che certe volte ci fanno ormai disamorare anche ai valori più condivisi……Parole asciutte ed incisive, che offrono un terreno spirituale comune a “conservatori” e “progressisti”, attenti ai fenomeni epocali che contornano la nostra vita.

(Centro di cultura e politica “Controcorrente”)