LA STORIA DI UN MONUMENTO DELLA GRANDE GUERRA

 

Un secolo fa, il 4 novembre 1918, terminò una sanguinosa guerra mondiale che, solo per l’Italia, causò oltre 650.000 soldati morti, un milione di feriti e 600.000 fra prigionieri e dispersi. Una catastrofe nazionale che toccò tantissime famiglie italiane, soprattutto quelle più umili come quelle contadine, che versarono il contributo più grande ad una Patria da cui poco o nulla avevano ricevuto fino ad allora.

Nell’immediato dopoguerra, anche per un gesto simbolico di gratitudine nei confronti dei caduti e delle loro famiglie, in tutti i comuni italiani nacque l’idea di erigere dei monumenti alla memoria che ricordassero perennemente ai posteri il grande sacrificio in termini di vite umane che si era consumato sulle montagne del Carso, del Grappa o del Pasubio e lungo il corso del Piave.

Anche a Monte Castello di Vibio, grazie all’iniziativa di un Comitato cittadino per le onoranze ai caduti per la Patria, fu decisa la costruzione di un monumento ai quarantotto soldati uccisi nella I Guerra Mondiale da posizionare nel centro del paese il cui progetto venne affidato allo scultore futurista perugino Enrico Cagianelli (nato a Perugia nel 1886 e morto a Gubbio nel 1938), uno dei maggiori artisti umbri del Novecento, contemporaneo ed amico di Gerardo Dottori.

Il bozzetto, approvato da un’apposita commissione, fu esposto per diversi giorni presso la vetrina della farmacia del paese in modo da poter essere visionato dall’intera popolazione.

Il comitato spontaneo, costituitosi il 7 aprile 1920, era presieduto dal parroco del paese don Oscar Marri e composto da: Renato Ippoliti (segretario), Giuseppe Nucci, Alcide Battistelli, Roberto Ciani, Federigo Daniele, Pietro Ippoliti, Amedeo Lelli, Florido Lipparoni, Michele Pastorella e Oliviero Pettinelli.

Il costo del monumento, collocato poi in piazza Petrini, fu di circa dodici mila lire. Per finanziare la spesa venne aperta una sottoscrizione  popolare e fu richiesto un contributo anche al Comune di Monte Castello di Vibio che, nella seduta consiliare del 13 maggio 1920, stanziò 4.000 lire “salvo poi di aumentare ancora il contributo qualora fosse ritenuto necessario”.  Un altro contributo venne concesso dalla locale Congregazione di Carità mentre altre somme furono reperite attraverso l’organizzazione di spettacoli teatrali ed iniziative di beneficenza.

Per permettere una migliore collocazione dell’opera fu deciso di addossarla alla facciata del palazzo di proprietà di Serafino Capociuchi che, dando il proprio consenso, si impegnò, a sue spese, a chiudere il portone centrale d’ingresso alla propria abitazione, ad abbattere la scalinata esterna e ad aprire due nuove porte ai lati. In compenso, per la servitù perpetua che di fatto si andava costituendo e per i gravosi oneri che si era accollato, il Consiglio comunale, nella seduta del 10 settembre 1920 decise, all’unanimità, di fornire gratuitamente l’abitazione del Capociuchi di una derivazione di acqua potabile, “un  piccolo cannello”, per un massimo di due quintali e mezzo giornalieri.

Il monumento, che ha una base di circa sei metri per un’altezza di cinque, riporta nella parte superiore i nomi dei quarantotto militari montecastellesi caduti ed è composto da un basamento di travertino, da due bassorilievi in bronzo raffiguranti “il lavoro” e “il dovere” e da una statua in marmo raffigurante la “Vittoria”.

Venne inaugurato ufficialmente il 7 novembre 1920 attraverso una cerimonia pubblica alla presenza delle autorità e della cittadinanza. Oltre al Sindaco Giuseppe Nucci ed agli altri rappresentanti del comune, vi  presero parte il vescovo della diocesi di Todi mons. Luigi Zaffarami, il generale Carnaro della Brigata “Cacciatori delle Alpi” di Perugia, i rappresentati dell’amministrazione provinciale e l’autore Cagianelli.

Quale ulteriore e giusto completamento dell’opera, dopo il secondo dopoguerra, alla base del monumento, è stata apposta un’altra lapide che ricorda i nomi dei ventuno militari di Monte Castello di Vibio caduti nel successivo ed altrettanto sanguinoso conflitto mondiale del 1940-45.

 

Roberto Cerquaglia