“Todi come dinamica dei redditi e della ricchezza negli anni della recessione ha fatto un po’ peggio dell’Umbria”,afferma nell’intervista Giuseppe Castellini,direttore MEDIACOM043

 

Giuseppe Castellini, ex direttore di Giornale dell’Umbria e Nuovo Corriere Nazionale,è da poco alla guida dell’agenzia Mediacom 043, un esperimento di livello. La redazione e il direttore stesso sfornano quasi giornalmente dati regionali, tabelle e spiegazioni su quello che pubblicano i ministeri.Era necessario che anche l’umbria avesse qualcuno che spiegasse ai poveri mortali i flussi economici,statistiche e dati che spesso o erano male interpretati o ,peggio ancora,nascosti.

Todinforma.it ha intervistato allora Giuseppe Castellini per comprendere la reale situazione di Todi e del territorio alla luce delle ultime tabelle sulle dichiarazioni dei redditi presentate tra il 2009 e il 2016. In questo modo crediamo di dare un’informazione più ampia ai nostri lettori e speriamo che gli attuali amministratori percepiscano attentamente il reale stato dell’economia del territorio tuderte.Speriamo….

Dottor Castellini,le tabelle da Lei commentate evidenziano che Todi e il suo territorio hanno ancora grossi problemi. Può sintetizzarli per noi?

“Todi come dinamica dei redditi e della ricchezza negli anni della recessione ha fatto un po’ peggio dell’Umbria, che peraltro ha fatto malissimo. I redditi complessivi Irpef reali, tra le dichiarazioni presentate nel 2009 (anno di imposta 2008) e quelle presentate nel 2016 (anno di imposta 2015), a Todi sono scesi del 5,6%, contro il -5,3% della media regionale. Il che significa, tanto per capirci, che sul Colle tuderte sono scomparsi 13,1 milioni di euro di reddito l’anno. E anche da Todi i giovani se ne vanno, come dimostra il fatto che tra il 2012 e il 2017 il numero dei giovani tra 25 e 40 anni sia sceso del 10%, in linea con la media della provincia di Perugia.
Quello che è peggio è che a Todi la crisi non sembra aver toccato il fondo. È ancora presto per dirlo, ma ci sono due elementi di non poco conto che lo fanno pensare: l’ultimo anno per cui il ministero delle Finanze fornisce i dati del reddito Irpef dei lavoratori autonomi (in gran parte si tratta dei professionisti) e degli imprenditori di ditte individuali dicono che, tra le dichiarazioni presentate al fisco nel 2015 e quelle del 2016, i redditi complessivi di queste due categorie sono scesi del 2,3%, contro il -1,3% della media regionale. Con una nuova caduta concentrata soprattutto sui redditi dei professionisti (-3,7%, contro -1,3% della media regionale), mentre i redditi di ditte individuali sono scesi dell’1,1%, un po’ meno del -1,4% fatto segnare a livello regionale.
Ma c’è soprattutto un punto che fa pensare che la crisi a Todi non abbia terminato di far sentire i suoi effetti: tra le dichiarazioni presentate nel 2013 e quelle del 2016 il reddito medio dell’aggregato professionisti e imprenditori di ditte individuali in Umbria è cresciuto del 4,3%, mentre a Todi il reddito medio è calato del 3,8%. In pratica, il reddito medio di queste due categorie in termini reali è aumentato nel triennio di 942 euro annui in media umbra ed è sceso di 826 euro annui a Todi. Il dato sull’andamento del reddito medio è drammatico per i professionisti: -13,2% a Todi (che significa -4mila 637 euro di reddito medio per professionista), rispetto al -3,1% del dato regionale. Non bene a Todi anche gli imprenditori di ditte individuali: nel triennio il loro reddito medio è salito dell’1,1%, contro il +5,8% della media nazionale Ossia, l’imprenditore di ditta individuale sopravvissuto alla crisi ha un reddito reale che in tre anni è cresciuto di 183 euro annui, mentre in Umbria è aumentato di 965 euro.
Va chiarito che il reddito medio per attività economica è aumentato perché è crollato (in Umbria -3mila 676 nel solo triennio 2013-2016) il numero di professionisti e imprenditori di ditte individuali a causa della recessione, ma nella regione chi è sopravvissuto va meglio, ossia ha un reddito medio più alto.
A Todi invece no. Il numero di professionisti e imprenditori di ditte individuali è sceso meno della media regionale (nel triennio sono scomparsi 88 operatori, con un calo del 9,9% contro il -12,5% della media regionale) e, poiché il reddito medio nel triennio è pesantemente negativo (appunto -3,8% contro +4,3% della media regionale), questo minor calo non deriva da una maggiore robustezza delle attività, ma solo da una sfasatura temporale con la media regionale, come sembra dimostrare il fatto che, tra il 2015 e il 2016, il calo del numero di operatori a Todi è superiore, anche se di poco, alla media regionale. Insomma, l’aspettativa è che sul Colle il ciclo della caduta sia ancora da completarsi, visto che dal complesso dei dati il minor calo del numero di attività di professionisti e imprenditori di ditte individuali non deriva, come detto, da una maggiore robustezza delle attività economiche.
In definitiva, purtroppo a Todi c’è da spettarsi un ulteriore calo o, se la ripresa ripartirà bene in tutta l’Umbria, cosa che per ora non sembra proprio, c’è attendersi per il Colle una ripresa meno forte. Non conviene farsi troppe illusioni e la politica tuderte dovrebbe guardare i dati per parlare ai cittadini con il linguaggio della verità. Meglio una verità amara che bubbole poi smentite dai fatti. Il contraccolpo delle bugie, anche quando sono pietose, è sempre forte”.

2. In un quadro più generale Todi continua a soffrire un decremento produttivo e reddituale notevole. Quali le cause secondo Lei?

“Dai dati vedo un sistema produttivo mediamente troppo piccolo e troppo fragile. E certamente il calo del prezzo delle abitazioni, che a Todi in questi anni è stato decisamente più marcato che altrove come ormai da una decina di anni evidenzia il Bollettino della Borsa immobiliare dell’Umbria, pubblicato dalle Camere di commercio di Perugia e di Terni, fa emergere un deciso calo dell’appeal del Colle. Non conosco però bene tutti i dati sulla struttura economica di Todi e non mi avventuro su sentieri che non conosco. Bisognerebbe analizzare settore per settore, redditi e fatturati e molto altro. Però se fossi il Comune un’indagine del genere la farei fare. Servirebbe a capire meglio la realtà economica del territorio e le sue dinamiche. Spesso si parla per sentito dire, per luoghi comuni, e poi si batte la faccia contro la realtà. Meglio conoscerla bene, la realtà, per capire dove mettere le mani, in quanto tempo, con quali strumenti e valutare se questi strumenti ci sono o bisogna battere strade diverse. Se non si fa questo lavoro preliminare, si va alla cieca e se si è fortunati si attraversa il ponte sul fossato, ma più spesso si perde l’equilibrio e si finisce sotto. Conosco, e non mi riferisco a Todi, decine di sindaci che pensano di conoscere ‘a naso’ la realtà economica dei propri territori e invece hanno la testa piena solo di luoghi comuni. E il più delle volte deragliano.
Avanzo una provocazione. Sento dire che il turismo rappresenta per Todi una gamba fondamentale. Vero, sicuramente. Ma qualcuno sa quanto, su 100 di Pil prodotto nel comune, compete al turismo? E come stanno le cose in termini di addetti diretti e indotti, di consumi diretti e indotti e così via? Non credo che nessuno lo sappia, se non a naso. Ma la ‘nasometria’ spesso tradisce. ‘Conoscere per deliberare’, diceva Einaudi. Conoscere, appunto, perché altrimenti si rischia di finire in mano a coloro che riescono meglio a far credere all’opinione pubblica che il suo interesse è, guarda caso, quello che coincide con il loro.
Il dato di fatto è che Todi, come d’altronde l’Umbria, è entrata già malata nella crisi, perché il declino della regione dai dati emerge evidente dal Duemila e trova le sue radici anche prima. Un organismo gracile resiste meno, è più fragile ed esposto. Il brutto è che di questo declino avanzante di sicuro dal Duemila, ma con segnali che c’erano anche da prima, nessuno se ne è accorto non solo fino alla scoppio della recessione, nel 2009 (in seguito alla crisi dei subprime esplosa alla fine del 2008), ma nemmeno fino al 2012 inoltrato. Durante la fine di quell’anno si è capita la nostra gracilità, taciuta colpevolmente per anni da chi avrebbe dovuto vedere, capire e avvertire. Questa consapevolezza in Umbria non c’è stata, non so a Todi ma ad occhio non mi sembra. In Umbria c’è stato, per opportunismo, carrierismo, conformismo, quello che chiamerei un ‘tradimento dei chierici’. Ci si accontentava del ‘pischè’ della Lorenzetti, dei peana sull’asticella da superare e che invece è stata attraversata passandoci sotto senza che nessuno fiatasse.
Alla fine abbiamo perso tanto terreno rispetto alla media nazionale, per non parlare di un distacco umiliante con la media del Centro-Nord che invece era l’obiettivo da raggiungere. A conti fatti, per restare nello stesso rapporto che avevamo con la media italiana nel 2000, oggi ci mancano 3,5 miliardi di Pil l’anno. Abbiamo un Pil di circa 21 miliardi di euro anni e ne avremmo dovuti avere, per non avanzare ma neppure retrocedere rispetto alla media nazionale, 24,5 miliardi di euro l’anno. In 5 anni, tanto per dare un riferimento, il ‘buco’ è di 17,5 miliardi di euro di Pil. Numeri enormi per le dimensioni economiche dell’Umbria. In questo tsunami, Todi ha pagato un prezzo un po’ più alto perché, sicuramente, entrata più gracile della media umbra nella recessione”.

3. Il crollo delle ditte individuali porta inevitabilmente ad un crollo dell’artigianato e del commercio.

“Questo è evidente. E la crisi ha colpito senza pietà chi viveva solo di mercato interno, mentre ha colpito molto meno, e talvolta non ha colpito affatto, chi invece aveva impostato la sua attività in modo più intelligente, strutturandosi per allargare i mercati e quindi innovando e facendo un salo di mentalità. Molti imprenditori si lamentano e su molte cose hanno certamente ragione, ma quelli umbri ci hanno messo del loro. Innovando poco, sedendosi come se le cose dovessero sempre andare come erano andate. Ma i segnali del mondo nuovo ci sono almeno dalla fine degli anni Novanta. Nell’economia e nell’impresa chi sta fermo retrocede, è inevitabile.
Noi di Mediacom 043 abbiamo pubblicato i dati sui redditi e sull’andamento del numero di attività nel triennio. Ma certo il discorso andrebbe approfondito, anche per capire che margine di robustezza ha, in media, chi è restato in piedi. In altre parole, se è in grado di resistere ancora, e come. Come sarebbe importante capire qualche grado di innovazione e di digitalizzazione sia presente in queste attività. Chi resta fuori dalla digitalizzazione, imprenditorialmente parlando, è ormai un morto vivente e bisogna che ci sia questa consapevolezza, che purtroppo tanti piccoli imprenditori non hanno avuto e, in parte, non hanno. Come pure bisognerebbe capire le dimensioni a Todi dei motori ‘autonomi’ dell’economia (quello che attraggono ricchezza, come il turismo, le aziende che vendono fuori dal territorio, fuori regione e(o che esportano all’estero) e di quelli non ‘autonomi’ (che la ricchezza invece la fanno girare, come ad esempio il commercio e l’edilizia, fungendo da moltiplicatore della base di ricchezza che c’è). Perché un’economia troppo basata sui motori non autonomi cresce meno ed è più fragile di quella con un buon equilibrio tra motori ‘autonomi’ e ‘non autonomi’ dell’economia. Questi due ‘motori’ sono entrambi importanti, ma quando tra i due c’è un eccessivo squilibrio le cose in prospettive sono destinate ad andare meno bene, o male, rispetto come potrebbero andare.
La mia impressione, lo ripeto, è che in base a un’analisi dinamica dei dati la coda della crisi a Todi operi ancora. E che, anche se in Umbria dovesse arrivare la ripresa, c’è il serio rischio che la crescita a Todi sarà più bassa della media”.