Alain de Benoist: «Il populismo, oltre destra e sinistra» (tratto da blog.ilgiornale.it di Andrea Scarabelli)

 

Lo scorso 30 marzo a Milano si è tenuto un convegno, organizzato da Circolo Proudhon e Intellettuale Dissidente, tutto dedicato al populismo, cui hanno partecipato Luca Lezzi, Marcello de Angelis e Marcello Foa. Ne è nato un dibattito che ha utilizzato le idee fondamentali di questo(i) movimento(i) per scandagliare l’attualità politica. Perché, in fin dei conti, al di là di persone e movimenti, ciò che importa nell’analisi politologica è quel che i programmi veicolano, le tendenze e le linee di forza che i nuovi partiti “populisti” traducono, in modo più o meno consapevole. Dietro all’emergere di queste formazioni si agitano esigenze epocali, spesso misconosciute, se non proprio demonizzate, dall’establishment. Ma sono esigenze che richiedono attenzione e devono essere riconosciute e interpretate, non ridotte a vecchie categorie ormai in fase di “rottamazione”, per utilizzare un termine parecchio in voga oggi, ma semplicemente ascoltate. Ne abbiamo parlato con Alain de Benoist, teorico delle Nuove Sintesi, da decenni attento osservatore “controcorrente” della politica contemporanea e autore di un libro pubblicato in Francia da Pierre-Guillaume de Roux, il cui titolo è programmatico: Le moment populiste. Droite-gauche, c’est fini!. Abbiamo iniziato questa conversazione domandandogli, appunto, quali siano i principi e le esigenze sociali che emergono nel fenomeno “populista”…..

 

Il termine “populismo” ha una lunga storia alle spalle. Quali le peculiarità dei populismi di oggi rispetto a quelli che si sono affacciati sulla scena politica in passato?

Vi sono certamente caratteristiche nuove, ma sono il riflesso dell’epoca in cui ci troviamo più che testimonianze di una trasformazione del populismo in sé. Penso, per esempio, al ruolo di Internet come fonte alternativa d’informazione, oppure all’importanza assunta dalle reti sociali. È ormai cosa nota. Ma il tratto principale dei movimenti populisti, in fondo, è sempre lo stesso: l’idea di ricorrere al popolo (sia che certi partiti pretendano, a torto o a ragione, di parlare in suo nome, sia che il popolo stesso trovi i mezzi diretti per esprimersi in prima persona) al fine di destabilizzare e affossare la classe dominante…..

 

Stampa e forze politiche non cessano di applicare ai movimenti di cui stiamo parlando l’etichetta di “fascisti”. Un’espressione che, più che definire, in realtà sembrerebbe rivelare una mancanza di comprensione nei confronti del fenomeno…

Trattare i populisti alla stregua di “fascisti” è tanto patetico e stupido quanto lo è parlare d’“islamo-fascismo” o denunciare la “minaccia comunista” venticinque anni dopo il tracollo del sistema sovietico. Chi utilizza questo termine lo fa in genere per ragioni squisitamente polemiche: l’intento è quello di delegittimare il populismo attraverso una retorica discorsiva imperniata sull’anatema. Altri lo fanno solo per ignoranza: semplicemente, non sanno cos’è il populismo, non sanno cos’è il fascismo… Non comprendono ciò che accade e cercano di colmare la loro incompetenza, paralisi intellettuale o incapacità di analisi interpretando la novità con il già visto – cosa che, evidentemente, non impedisce al populismo di prosperare. Il tempo dei fascismi e dei comunismi è alle nostre spalle. E la demonizzazione non funziona più!

I primi populisti moderni apparvero alla fine del XIX secolo: in America, con il movimento dei grangers, e in Russia, con quello dei narodniki. Tali movimenti precedono, dunque, il fascismo, e non ne costituiscono la prefigurazione. Ma vi sono state anche ideologie fasciste senza populismi ad esse collegati. Il populismo, insomma, non è un’ideologia, quanto piuttosto uno stile (e una modalità di articolare la necessità politica e sociale) che può combinarsi con qualsiasi ideologia. Basti pensare alla differenza tra Podemos o Syriza da un lato, e Nigel Farage o Geerd Wilders dall’altro! Il leader populista, nel quale chiunque deve potersi riconoscere, è a sua volta completamente diverso dal carismatico leader fascista. A differenza del fascismo, il populismo non ha alcuna ambizione di creare l’“uomo nuovo”. Infine, se il populismo critica la democrazia liberale è per richiedere più democrazia, non meno – cosa che non mi pare sia avvenuta nei fascismi…