BIODIGESTORE FOLIGNO: “L’IMPIANTO DI CASONE ENNESIMA CATTEDRALE NEL DESERTO” – NOTA DI CARBONARI (M5S) CRITICA SUL PROGETTO

 

movimento-5-stelle-regione-liberati-0001“Temiamo che il Biodigestore di Casone, a Foligno, sarà l’ennesima cattedrale nel deserto”. È quanto dichiara il
consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Maria Grazia Carbonari che
chiede “al sindaco di Foligno di non forzare i tempi e sospendere a titolo
precauzionale ogni tipo d’autorizzazione approvata o in itinere per
lasciare il tempo alla popolazione di essere informata, d’informarsi e
formarsi una propria idea”.

Per Carbonari “constatiamo tristemente che, in un periodo in cui la
politica non dà servizi ai cittadini adducendo il pretesto che ‘non ci sono
i soldi’, per la realizzazione di mega progetti, costosissimi, inutili e
talvolta pericolosi, i soldi ci sono sempre. Ovviamente l’inutilità di
queste cattedrali nel deserto è per i cittadini, mentre i  pochi soggetti
legati alla politica che li realizzano riescono a garantirsi enormi e
ingiustificati profitti, all’atto di costruzione mediante appalti, oppure
in seguito alla costruzione grazie a concessioni e tariffe svantaggiose per
le pubbliche amministrazioni.

“Il progetto del biodigestore di Casone – spiega Carbonari – è
assolutamente sovradimensionato rispetto alle esigenze dell’ATI 3, anche
nell’ipotesi che si raggiungesse il valore auspicato di produzione di
rifiuti organici, molto lontano rispetto a quello attuale. È perciò
evidente che l’impianto, per lavorare a pieno regime, avrebbe bisogno di
rifiuti proveniente da fuori Regione. Inoltre la costruzione dell’impianto
e il conseguente traffico veicolare di camion che trasporteranno rifiuti e
compost sarà disastroso in termini di impatto ambientale, inquinamento
dell’aria, traffico e danneggiamento delle strade di Foligno e dintorni,
già in condizioni critiche. Ogni anno, infatti, dovrebbero entrare
nell’impianto oltre 50mila tonnellate di rifiuti organici. Pertanto,
secondo un calcolo prudente, ogni anno tra rifiuti in entrata e compost in
uscita, transiteranno circa 7850 camion”.

“Va poi discussa ed affrontata – prosegue Carbonari – la questione,
ancora più allarmante, dei rischi ambientali e per la salute umana. Gli
impianti di biodigestione anaerobica producono infatti gas estremamente
maleodoranti, percettibili anche a chilometri di distanza, e sostanze
pericolose quali metano, formaldeide, idrocarburi e benzene. A questo si
aggiunge il pericolo di contaminazione biologica dovuta ai batteri, muffe e
funghi utilizzati nel processo di trasformazione dei rifiuti. Questi agenti
biologici potenzialmente pericolosissimi per gli animali e per l’uomo, che
richiederebbero un attento controllo e rigide procedure di sterilizzazione
del compost e dei gas prodotti dall’impianto. Ciò appare a maggior ragione
assurdo se si considera che è possibile realizzare compost di qualità
mediante la raccolta differenziata porta a porta o fornendo alle famiglie gli
appositi strumenti. Non è neppure chiarito se e come verranno controllate le
materie in entrata, la loro eventuale contaminazione con sostanze pericolose,
come ad esempio rifiuti chimici o radioattivi. Non si tratta di paranoie,
come, da ultimo, l’inchiesta della magistratura su Gesenu sta dimostrando e
senza contare i tanti altri disastri ambientali in Umbria. Il biodigestore
sorgerà su un terreno ad alto valore agricolo, vicino al centro abitato e
a ridosso di falde acquifere e del reticolo dei fossi, torrenti, fiumi della
zona, riconducibili al bacino del fiume Tevere. Oltre a questi rischi enormi,
anche dal punto di vista economico ci sarà sicuramente una inevitabile forte
svalutazione immobiliare di tutte le aree intorno agli impianti, dovuta ai
rischi sopra citati e al disgustoso odore”.

“Queste esternalità negative – continua Carbonari – non saranno
compensate in alcun modo, dato che la quasi totalità del profitto andrà al
soggetto privato coinvolto. Sotto questo aspetto, bisognerebbe analizzare
anche a fondo le condizioni contrattuali, in particolare se vi fossero
clausole di project financing capestri che magari faranno pagare agli enti
locali penali costruite ad hoc in caso di mancato raggiungimento dei
sovradimensionati volumi produttivi, a favore dei soggetti privati coinvolti
nel progetto, come già accaduto altrove. Su queste criticità, manca
totalmente la trasparenza da parte di tutti gli attori coinvolti in questo
progetto e questa condotta appare ancora più ingiustificata. Non si tratta
di ‘sindrome di Nimby’, ma semplicemente di voler far luce su tanti aspetti
oscuri e valutare nel merito l’effettiva necessità di un tale
impianto”.

“La politica – conclude Carbonari – dovrebbe organizzare,
nell’esclusivo interesse dei cittadini, un  serio contraddittorio delle
scelte impiantistiche di questo tipo e anche di quelle contrarie, con il
coinvolgimento di tutti gli stakeholders pubblici e privati, quali le imprese
coinvolte e il Comitato contro il biodigestore, che beneficeranno del
contributo di avvocati specializzati in tematiche ambientali, esperti della
materia di fiducia e medici per l’ambiente dell’Isde. Solo al termine di
questo confronto informato e costruttivo, sia la Regione Umbria, che gli Enti
locali coinvolti dovrebbero valutare se proseguire l’iter autorizzato e,
soprattutto, questa scelta deve essere subordinata alla volontà informata
della cittadinanza”.