L ‘Istat ha certificato in uno studio il calo demografico della nostra regione. Solo nel 2017 sono stati persi 5.700 abitanti. La tendenza negativa della nostra regione è nettamente superiore al già negativo “trend” presente a livello nazionale. Il calo a livello nazionale è del 1,6 per mille abitanti, mentre in Umbria è pari al 5,3 per mille. Questo dato finale, relativo al 2017 è la conseguenza di più fattori: il saldo naturale (tra nati e deceduti) è negativo per 4.700 unità, il differenziale tra immigrazione ed emigrazione è ancora, per fortuna, in attivo per 2.500 unità (e dimostra la positività della risorsa “migranti”, che pure si è ridotta nel corso degli ultimi anni), il saldo interno (tra regioni italiane) è negativo per 900 unità, ed il resto è frutto di altri fattori.
In un anno (il 2017) gli abitanti nella nostra regione passano dunque da 889.900 a 884.200, con una diminuzione pari a 5.700 unità.
Se confrontiamo i dati recentissimi dell’Istat con una ricerca dell’Ires Cgil Umbria realizzata nel novembre 2017, possiamo dire con sufficiente oggettività, di trovarci di fronte ad un fenomeno che può essere definito di declino demografico.
Infatti con uno sguardo lungo di prospettiva la ricerca Ires metteva in evidenza come la nostra regione abbia toccato nel 1955 le 810mila unità per poi subire (parallelamente ad una grave crisi economica che allora riguardò l’agricoltura) un lungo e ininterrotto calo, che l’ha portata nel 1972 sotto i 780mila abitanti.
Quel periodo (tra il 1955 e il 1972) fu caratterizzato da una forte emigrazione di umbri verso il Nord Italia e verso il Nord Europa.
Successivamente, con un forte processo di industrializzazione, il trend si inverte e l’Umbria arriva a sfiorare nel 2014 i 900 mila abitanti.
In quell’anno (il 2014) il processo si è interrotto ed è iniziata la discesa.
Le riduzioni della popolazione umbra sono state dell’0,4% nel 2015, dello 0,3% nel 2016 e ora dello 0,5% nel 2017.
E’ evidente che c’è un rapporto tra situazione economica e sociale e andamento demografico. L’ultimo rapporto dell’Istat dovrebbe far riflettere ulteriormente sull’esigenza e sul bisogno di politiche economiche ed occupazionali alternative.
MARIO BRAVI – Presidente IRES/CGIL Umbria