“Ma si, tu vedi, quanno cala el sole
si che veduta godi a Mezzo Muro!
È tanto bella e dilla nun se pote,
ma si cce vai, c’iattorni so ‘sicuro.
(..) E verso la calata, el Cupolone,
stacca nel ciel d’oro e t’innamora…
Che sciccheria la Consolazione
ma più de tutti quanno e su ‘n quest’ora (..).
Non c’e’ dubbio. Negli occhi dei Tuderti c’è ancora lo stesso sguardo rapito e fiero, ispiratore di queste strofe che il Maestro Carlo Pierantoni, più di 70 anni fa, dedicò ad uno dei tanti angoli suggestivi della città.
Vivere a Todi e’ davvero un privilegio.
Almeno lo è per me, che abito e lavoro nel centro storico anche se è interessato delle problematiche proprie del piccolo borgo arroccato sul colle.
La riqualificazione del cuore pulsante della città è, da tempo, uno dei cavalli di battaglia di chi si candida ad amministrarla che, infatti, puntualmente, propone la sua ricetta e fa la sua promessa.
Anche la precedente amministrazione di centrosinistra aveva messo in cantiere il progetto per il nuovo arredo urbano della Piazza del Popolo, ereditato, poi, dal centrodestra uscito vittorioso dalle urne delle ultime amministrative.
L’ amministrazione guidata da Ruggiano ha, però, una visione molto più ambiziosa, guarda lontano e punta a trasformare Todi in una città “alla moda” e di richiamo per avventori di alto livello. Così, il centro storico diventa sempre più inaccessibile e viene “ripulito”, innanzitutto, dagli immigrati, quei pochi che la sera si affacciavano timidamente sotto i Portici comunali, per riservarlo all’ accoglienza turistica ed alla cultura, al momento, soprattutto gastronomica.
Viene, così, messa in campo la politica della “rottamazione’ di tutto quello che non si inserisce funzionalmente in quel contesto di radicale cambiamento.
A chi ha già ha sua vetrina sul colle viene dato poco ascolto e poco sostegno, mentre si incoraggia e si facilità l’apertura di nuove attività più conformi al progetto.
Così, mentre si aggrava la crisi che attanaglia un po’ tutti gli esercizi commerciali e produttivi, specialmente quelli del centro cittadino, il Palazzo si mette subito all’opera.
Si inaugura lo spazio inedito, quanto inappropriato, del chiostro estivo che mesce super alcolici e troppi decibel fino a notte fonda con buona pace di San Fortunato e dei residenti.
Altri, invece, vengono “soltanto sacrificati” come capita ad un vicolo del centro, diventato corridoio di un ristorante, con il via vai dei camerieri e l’ingombro di un tavolo di servizio e di vasi ornamentali. Per non parlare della concessione, in comodato gratuito, della storica e prestigiosa Sala delle Udienze ad una sconosciuta associazione privata. Stessa sorte è toccata alla Sala delle Pietre, off limit, per l’esposizione di una mostra sulla immigrazione e per quello della dell’Anpi ma aperta a danze, banchetti e alla vendita di prodotti gastronomici.
Ma il luogo più penalizzato è senz’altro la nostra Piazza che, con la chiusura totale al traffico, sta diventando, più che altro, un’isola di ristorazione.
L’ampliamento e la trasformazione della predetta isola pedonale, infatti, che, com’era stato concepito in precedenza, rappresentava un accettabile compromesso per la tutela e valorizzazione dei beni storico-monumentali e per garantire l’accoglienza turistica, il comodo passeggio e le attività commerciali, è stato uno dei primi provvedimenti dell’amministrazione Ruggiano.
Con la piantumazione di paletti, fatta qua è là, ma non a caso, il fioccare delle multe e l’ apertura del varco elettronico, si è dichiarata guerra alle automobili nel centro storico, salvo poi constatare che la rigida applicazione del codice della strada, nel concreto, non era valida erga omnes, perché troppo spesso, permeata dalle eccezioni per certe auto, uscite ripetutamente indenni dalla sosta vietata o dall’occupazione degli spazi riservati al carico e scarico delle merci, già notevolmente ridotti. I santi in paradiso ad averceli. Cacciate le auto e gli spettacoli dal loro palcoscenico ideale, già lo scorso anno relegati in location inadatte sia sotto l’aspetto della fruibilità e, soprattutto, della sicurezza per l’incolumità degli spettatori, seggiole, tavolinetti, ombrelloni ed altri oggetti di arredo stanno via, via riempiendo la splendida cornice dei palazzi comunali e del troneggiante Duomo.
A quell’avanzare, senza pudore, di piatti e vettovaglie su quel suolo antico, che accolse ben altre e più nobili arti, si contrappongono inascoltate le ragioni di chi, più in là, oltre la siepe, non potrà più andare ne’ a scuola né all’asilo.
Ma chi gli ha dato il permesso a quelli lassù? Beata ingenuità che con il dito brandito in aria impreca! È sempre con un dito, anzi, con due, che si traccia quel segno che il potere troppo tardi contestato.
Certo, Todi apparterrebbe a tutti quelli che la abitano e non solo a quei pochi che la governano, i quali, una volta giunti nella stanza dei bottoni, ne diventano i padroni e fanno, così, il bello ed il brutto tempo.
Ma noi cittadini staremo sempre a guardare le scelte di chi a Todi, o nel suo centro storico, non ci abita neppure, di chi li’ non si degna di fare un solo acquisto, di chi, insomma, ne ha solo una visione ideale e visionaria?
Qualcuno crede di poterci espropriare dell’agorà perché Todi, dopo la città più vivibile, diventi anche la più godibile solo per pochi fortunati?
Credo che, per noi cittadini, sia giunto il momento di attivarsi e collaborare a riempire, con le nostre proposte, il contenuto delle scelte politiche affinché i bisogni trovino finalmente ascolto e risposta adeguata per l’intera collettività.
Roberta Marchigiani