In una campagna elettorale dominata da mirabolanti promesse elettorali tipiche dei venditori di tappeti e irrispettose cialtronate come la preventiva sottoposizione al Presidente della Repubblica della lista dei ministri di un ipotetico esecutivo a cinque stelle – quest’ultima in totale spregio alle prerogative costituzionali del Capo dello Stato – è rimasta sotto traccia la vera posta in gioco di queste elezioni. Ci si riferisce, in particolare, alla collocazione del nostro Paese nell’ambito dell’Unione europea.
Nei prossimi mesi si aprirà in Europa un’intensa fase di riforme. Molte sono già le proposte sul tavolo: dal possibile (graduale) riconoscimento in capo all’Unione europea di una “fiscal capacity” alla riforma del bilancio europeo (le cui gracili dimensioni non consentono attualmente di sviluppare efficaci politiche anticicliche); dalla possibilità di costituire meccanismi assicurativi sovranazionali contro la disoccupazione (si vedano in proposito le proposte del politologo Maurizio Ferrera) alla creazione embrionale di uno Stato sociale europeo, come proposto ad esempio, da ultimo, dal Piano Prodi. Per non parlare della riforma e del superamento del Trattato di Dublino, con una politica dell’accoglienza dei migranti autenticamente europea e un’equa ripartizione delle quote degli stessi, cosa non accaduta purtroppo in questi ultimi anni.
La Francia e la Germania hanno affermato da tempo la volontà politica di mettere le mani sulla governance europea e, vista la ritrovata stabilità politica-istituzionale di questi due Paesi – garantita in un caso dalla solida maggioranza a sostegno del Presidente Macron e, nell’altro, dalla Große Koalition tra cristianodemocratici e socialdemocratici – è evidente che non staranno ad aspettare in eterno altri eventuali partner.
Chi può dunque garantire il solido ancoraggio del nostro Paese all’Unione europea e la partecipazione italiana alla nuova fase riformatrice che ridisegnerà il volto dell’ordinamento sovranazionale?
La risposta non può che essere la coalizione di centrosinistra, che vede in campo quattro liste: Partito Democratico, + Europa, Insieme e Civica e Popolare. Il minimo comune denominatore di questa coalizione è proprio l’impegno europeista, nella direzione di un approfondimento del processo d’integrazione europea che sappia archiviare gli eccessi di austerità di questi ultimi anni e dare un governo effettivo all’ordinamento sovranazionale, superando gli egoismi nazionali e le prassi intergovernative che hanno alimentato in modo esponenziale la marea del populismo.
A fronte di questo impegno europeista del centrosinistra, ben espresso nell’ultimo anno di governo dalla competenza e dalla “forza tranquilla” del Presidente Paolo Gentiloni e sottolineato con forza nel dibattito pubblico da Romano Prodi, Enrico Letta, Giorgio Napolitano ed Emanuele Macaluso (tutte personalità di grande prestigio dell’area riformista che hanno dichiarato il proprio voto al centrosinistra), abbiamo una coalizione di destra-centro a forte trazione sovranista, con la foglia di fico Tajani che non può nascondere le visite di Giorgia Meloni ad Orbàn e la vocazione nazionalista e xenofoba di Matteo Salvini – il quale, magicamente, il 27 del mese, quando deve incassare lo stipendio da europarlamentare (peraltro assenteista), si dimentica di quanto sia cattiva e matrigna l’Europa – e il Movimento 5 Stelle, che si pronuncia un giorno per il referendum sull’uscita dall’euro per fare marcia indietro dopo poche ore.
L’Europa ha garantito per più di settant’anni pace e prosperità, in una terra storicamente imbevuta di sangue, dilaniata da terribili conflitti e che solo nel primo mezzo secolo del ‘900 è stata il palcoscenico di ben due guerre mondiali.
Solo l’Europa, assieme alla cooperazione tra gli Stati nazionali, può essere lo strumento per governare la globalizzazione e le sue iniquità, proteggere le conquiste del Welfare State (che sono il marchio di fabbrica del modello europeo) e garantire uno sviluppo sostenibile, amico dell’ambiente.
L’Europa è una grande realizzazione, ma solo con la fatica del riformismo, con la competenza e con la serietà si possono correggere le sue storture. Votiamo, dunque, Partito Democratico e la coalizione del centrosinistra per continuare il lavoro svolto in questi anni, tenendo i piedi ben piantati nell’Europa e provando a renderla ancora più efficace e corrispondente alle nostre aspirazioni
Umberto Magni – Segreteria Partito Democratico Todi