Nel procedimento per l’affitto, mediante asta pubblica, di terreni boschivi per usi venatori di proprietà dell’Ente, siti in fraz. Montenero di Todi, per una superficie di 39 ettari, la durata di 5 anni e il canone annuo a base di gara di € 5.868,00, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, con sentenza n. 572 del 6 e 20 luglio 2016, ha respinto il ricorso presentato dalla ditta concorrente che si era aggiudicata tali terreni nell’asta del giorno 27 novembre 2015 e che, regolarmente convocata, non si era, però, presentata alla stipula del contratto nel giorno stabilito adducendo, tramite la sua legale, argomentazioni varie e proponendo per la stipula una data diversa da quella stabilita dall’Ente secondo le previsioni dell’Avviso pubblico.
L’Azienda pubblica Veralli-Cortesi nella vicenda in questione è riuscita a tenere la barra dritta sulla strada del rispetto rigoroso, dapprima, delle norme di legge che disciplinano la materia nella fase di individuazione delle modalità di scelta del contraente, effettuata tramite il sistema dell’asta pubblica con la precisazione, nello schema di contratto pubblicato, dell’esistenza di altri diritti sui terreni oggetto d’asta e, poi, delle regole contenute nell’Avviso d’asta (lex specialis della gara) nella successiva fase procedurale compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto e quindi in una fase che avevamo ritenuto a ragione rientrante ancora nella sfera del diritto pubblico, come poi confermato dal TAR che, proprio su tale presupposto, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo.
Sotto il “fuoco” incrociato delle due società agricole che hanno partecipato all’asta e dei loro legali che hanno “bersagliato” Veralli-Cortesi di lettere contenenti rilievi, congetture e affermazioni anche sgradevoli, comunque non molto convincenti, l’Ente non si è lasciato condizionare né intimorire ed ha portato a conclusione il procedimento amministrativo senza ripensamenti e nel rigoroso rispetto delle regole prestabilite, rispondendo a tutte le lettere e rilevi ma, appunto, procedendo speditamente sulla strada tracciata in sede di bando d’asta fino alla stipula del contratto di affitto avvenuta il 30 dicembre 2015.
A seguito del ricorso giurisdizionale presentato in data 18 gennaio 2016 dalla società dichiarata aggiudicataria ma poi decaduta per mancata stipula del contratto entro i termini, l’Ente con deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 12 del 29.01.2016 ha deciso di resistere in giudizio per difendere il proprio operato e ha nominato un legale di Todi per la rappresentanza e difesa in giudizio.
Ora possiamo leggere con soddisfazione la parte dispositiva e la parte “DIRITTO” della sentenza pronunciata dal TAR, che dichiara infondato e pertanto da respingere il ricorso, confermando pienamente la legittimità e la correttezza dell’operato dell’Ente.
In particolare ci interessa sottolineare le considerazioni del giudice amministrativo secondo cui l’affidamento dell’affitto dei terreni boschivi in questione esula dall’ambito oggettivo di applicazione del Codice dei contratti pubblici trattandosi di contratto c.d. attivo disciplinato tutt’oggi dalla normativa di contabilità di Stato di cui al R.D. n. 827/1924 e, specificamente, dall’art. 37 contenente la regola generale del pubblico incanto per i contratti da cui derivi un’entrata, articolo da questo Ente invocato già nelle premesse della deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 46 del 26 agosto 2015, autorizzativa dell’operazione immobiliare e le parole che sanciscono “l’obbligo per l’Azienda intimata di uniformarsi alla suindicata normativa avendo natura di ente pubblico”.
Come pure dobbiamo sottolineare la parte della motivazione della sentenza in cui il giudice afferma che “va rigettata anche la subordinata domanda di condanna risarcitoria, sia in considerazione della legittimità della “revoca” impugnata che della correttezza dell’operato dell’Azienda intimata in sede di trattativa ai sensi degli art. 1337 e 1338 c.c.” e che “ nel caso di specie anche a voler prescindere dal rilievo -invero assorbente- della non riconducibilità della “revoca” impugnata all’autotutela con funzione di riesame (quanto piuttosto sussumibile nella categoria della revoca sanzionatoria o decadenza per inadempimento degli obblighi codificati dalla lex specialis della gara finalizzati al celere perfezionamento del rapporto contrattuale, come si legge in altra parte della sentenza), va del tutto esclusa la pretesa scorrettezza professionale dell’Azienda intimata, avendo essa conformato il proprio operato nella fase della gara alle precise regole imposte dall’avviso pubblico.”
Il TAR Umbria ha, pertanto, sentenziato che il ricorso è infondato e non solo lo ha respinto ma ha anche condannato la ricorrente alla refusione delle spese in favore dell’A.P.S.P. Veralli-Cortesi nella misura stabilita, come peraltro già avvenuto anche in sede cautelare sulla domanda di sospensiva con l’ordinanza n. 34 dell’11 febbraio 2016.
di Alfonso Gentili – Presidente CdA Veralli-Cortesi