Persistente scarsità di lavoro, precarietà e basse remunerazioni: un mix letale che purtroppo caratterizza l’occupazione in Umbria e fa sì che larga parte della nostra regione risulti “perdente” in termini di capacità di tenuta e ripresa negli anni della crisi (2008-2016). Ad affermarlo sono Mario Bravi e Lorenzo Testa, rispettivamente presidente e ricercatore dell’Ires Cgil dell’Umbria, che analizzano nel dettaglio i dati contenuti nel dossier “Struttura ed evoluzione del mercato del lavoro nei Sistemi Locali”, presentato dal direttore dell’Istat Alleva alle commissioni congiunte di Camera e Senato il 3 ottobre scorso.
Figura 1. Sistemi locali del lavoro per combinazione delle variazioni dell’occupazione nel 2008-2016 e 2013-2016
Fonte: Istat, Rilevazione sulle Forze di Lavoro – Occupati residenti e persone in cerca di occupazione nei Sistemi locali del lavoro
Lo studio analizza l’andamento dei 611 sistemi locali del lavoro (SLL) italiani, luoghi in cui la popolazione risiede e lavora, ossia dove esercita la maggior parte delle relazioni sociali ed economiche. Queste entità territoriali vengono definite dai flussi di pendolarismo e non sono necessariamente dipendenti dall’articolazione amministrativa. 14 dei 611 SLL italiani sono all’interno dell’Umbria.
Nel report sopraccitato gli SLL vengono suddivisi in 4 categorie in base alla variazione congiunta dei livelli di occupazione nell’intero periodo (2008-2016) e negli anni della ripresa (2013-2016). Vengono definiti “vincenti” i Sistemi Locali nei quali in entrambi i periodi è aumentata l’occupazione e, all’inverso, risultano “perdenti” quelli in cui si è verificato l’opposto. Sono invece “resistenti” gli SLL in cui l’occupazione aumenta nell’intero periodo ma diminuisce dal 2013 al 2016 e infine sono “in ripresa” quelli dove è avvenuto il contrario.
In base a questa suddivisione l’Umbria risulta avere uno dei risultati peggiori, infatti l’85,7% dei sistemi locali del lavoro si collocano tra quelli “perdenti”. Solo 2 dei 14 SLL umbri fanno eccezione: il SLL di Cascia, che risulta “resistente”, in quanto registra un aumento di 84 occupati nell’intero periodo e ne perde 2 dal 2013 al 2016; e quello di Terni che – nonostante una diminuzione consistente di 2.550 occupati dal 2008 al 2016, il secondo più basso tasso di occupazione (42,5%) e il quarto maggiore tasso di disoccupazione (10,1%) dell’Umbria – viene classificato in ripresa poiché recupera 229 unità negli ultimi 3 anni.